Beato lui che ha un sacco di tempo da perdere.
Così titolava un articolo di giornale parlando di Monty dopo che ha raccontato di essersi appassionato agli scacchi. Un titolo che, nella sua semplicità provocatoria, riassume perfettamente una dinamica che conosciamo fin troppo bene: i media che deformano, semplificano e spesso… attaccano.
Dall’informazione alla deformazione: il passo è breve
Chiunque abbia mai avuto a che fare direttamente con un articolo di giornale che lo riguarda lo sa: la realtà dei fatti viene spesso distorta. A volte per ignoranza, a volte per fretta, molto più spesso per ottenere ciò che conta davvero: click, like, engagement.
Monty lo dice chiaramente: ci sono tantissimi giornalisti bravi, seri, che verificano le fonti. Il problema non sono loro, ma gli editori che puntano solo ai numeri. E quando l’informazione si trasforma in spettacolo, la verità smette di essere prioritaria.
Quando la non-notizia diventa breaking news
Che Montemagno abbia deciso di dedicarsi agli scacchi è una curiosità, non una notizia. Eppure è bastata questa cosa per vedere titoli costruiti ad arte:
“Youtuber 51enne ingaggia un coach per diventare maestro di scacchi in pochi mesi.”
Peccato che:
- Monty abbia 52 anni, non 51.
- Non insegni trucchi di marketing (e neanche scorciatoie).
- Non abbia mai detto di voler diventare “maestro di scacchi” (un titolo tecnico che richiede anni di studio).
- E soprattutto, l’immagine usata nell’articolo non era nemmeno lui, ma una sua parodia.
Una sfilza di imprecisioni, esagerazioni e frame tossici creati per alimentare un meccanismo ben collaudato.
Le tre regole (non scritte) della comunicazione moderna
- Deforma. Prendi un fatto reale e modellalo per renderlo interessante. Anche se così facendo perdi il contatto con la verità.
- Sorprendi. L’informazione deve scioccare, far alzare il sopracciglio, stuzzicare la curiosità.
- Sminuisci. Per affermare la propria autorevolezza, molti media non costruiscono il proprio valore, ma demoliscono quello degli altri.
Il risultato? Una cultura in cui chi si impegna, chi prova a imparare, chi si mette in gioco viene ridicolizzato. E chi fa un passo fuori dalla comfort zone viene trattato come un alieno con troppo tempo libero.
Il problema non è solo mediatico. È culturale.
Il vero nodo qui è il valore che trasmettiamo come società. Se la narrativa dominante è: “Chi si allena ogni giorno su una passione, perde tempo”, allora qualcosa non torna.
Stiamo dicendo ai giovani che non vale la pena investire su sé stessi.
Stiamo dicendo agli adulti che se provano a migliorarsi… stanno sprecando tempo.
Stiamo dicendo a tutti che l’unico valore è quello del risultato rapido, facile, impacchettato da vendere con una miniatura clickbait.
Serve un nuovo approccio all’informazione
La speranza? Che l’intelligenza artificiale possa aiutarci a filtrare, analizzare e comprendere meglio le informazioni. Non per sostituire il pensiero critico, ma per affiancarci in un mondo mediatico sempre più confuso.
Non si tratta solo di smascherare fake news. Si tratta di chiedere di più: più verifica, più equilibrio, più trasparenza.
E sì, magari anche un po’ meno giudizi gratuiti verso chi decide di imparare qualcosa di nuovo, anche dopo i 50 anni.
Morale della favola: se ti appassiona qualcosa, fallo. Studialo. Sbattiti. Fregatene dei titoletti. Alla fine, chi si muove cambia le cose. Gli altri scrivono articoli su chi si muove.
Staff
Monty Staff